mercoledì 8 febbraio 2012

Pinch of madness

Dopo due giorni da eremita persa nella ricerca filosofica e nella scrittura, sono uscita di casa. Ho indossato vestiti caldi a caso. Varcata la soglia del portone il mondo mi è apparso sconosciuto, come se non ne facessi parte da tempo immemorabile. Nel giro di pochi minuti tre donne ben vestite mi hanno chiesto l'elemosina. Devo avere una sottile parvenza snob di regalità addosso. Nei gesti della gente intravedo note stonanti, profumate di bizzarrie, eppure tutto mi dice di prestare attenzione ad ogni singolo dettaglio, come se fossi consapevole che per oggi il mio destino mi riserva messaggi tanto casuali quanto mirati.
Mi sono rifornita di sigarette e mi sono rintanata dentro, ancora fuori dal mondo.
In casa mia il caos totale. E' saggio guardarsi intorno per scoprirsi: vestiti sgualciti, arance sul tavolo, candele, fogli di carta pieni di dubbi e di risposte precarie. Ci fosse un angolo vuoto in questo monolocale, sarebbe il mio tempio perfetto. Beh no, non sarebbe perfetto. E' un tempio anticonvenzionale e disordinato: deve pur parlare di me in qualche modo. Lo amo perchè è sincero.
L'attenzione si posa sulle mie mani. Dita corte e sottili, smalto malmesso di colori diversi: maledetta indecisione, noncuranza, imprecisione.
Mi volto ed eccola, allo specchio. Pelle morbida e pallida, lineamenti tondi, un misto di furbizia e rassegnazione tra le pupille, due accenni di linee curve ai lati della bocca che alludono ad un immaginario sottofondo di sorrisi.
Tutto qui? Non c'è altro? Qualcosa mi sfugge.
Mi fermo in tempo, prima di perdermi totalmente.
-Non è il caso di trarre conclusioni. Non oggi che la confusione divampa più del solito tra i miei battiti.-
Mi vesto ed esco di nuovo, per non impazzire. Alla ricerca di qualche nuovo imprevisto per arricchire il mio inventario di immagini sconnesse.

Butterflies'Q.

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